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Tribunale di Brindisi: decreto Balduzzi e responsabilità medica

TRIBUNALE DI BRINDISI – Anche dopo la legge Balduzzi la responsabilità medica resta di natura contrattuale. Il medico, anche dopo il decreto Balduzzi, continua a rispondere sulla base delle regole della responsabilità contrattuale, e ciò, quand’anche, come già evidenziato, difetti un vero e proprio contratto quale momento genetico del rapporto professionista-paziente (sentenza 18 luglio 2014).

FATTO: Con atto di citazione, notificato in data 13 settembre 2006, parte attrice evocava in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, la ASL di B. n. 1, per ivi sentir accogliere nei suoi confronti le seguenti conclusioni: “1. Condannare l’Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218, 1223, 2049 c.c. e comunque, in via residuale, ai sensi dell’art. 2043 c.c., a risarcire l’attore tutti i danni morali e materiali, ivi compresi quello biologico, esistenziale ed alla vita di relazione subiti a causa dell’imprudenza, imperizia e negligenza del personale sanitario da essa dipendente, col pagamento in suo favore della complessiva somma di € 225.712,00 di cui € 160.000,00 per danno patrimoniale, € 19.175,00 per danno morale ed € 46.537,00 per danno biologico esistenziale ed alla vita di relazione, o di quell’altra somma anche maggiore che sarà accertata e quantificata in corso di causa, anche con ricorso al criterio equitativo e di cui all’art. 1226 cod. civ., oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla dell’infortunio al dì del completo soddisfo; 2) Condannare altresì la medesima Azienda Unità Sanitaria Locale BR/1 a versare ad O. F. la somma di € 1.710,60 per rimborso di spese mediche, trasporto, assistenza, consulenza e cure fisioterapeutiche; 3) condannala infine alla rifusione delle spese e competenze del giudizio”. 

DIRITTO: Il Tribunale di Brindisi in ordine alla natura della responsabilità medica afferma che il medico, anche dopo il decreto Balduzzi, continua a rispondere sulla base delle regole della responsabilità contrattuale, e ciò, quand’anche, come già evidenziato, difetti un vero e proprio contratto quale momento genetico del rapporto professionista-paziente. Ciò, in virtù del c.d. contatto sociale che s’instaura tra il paziente ed il medico, chiamato ad adempiere nei confronti del primo la prestazione dal medesimo convenuta con la struttura sanitaria. In tale contatto rinviene la propria fonte un rapporto il cui contenuto non consiste nella “protezione” del paziente, bensì in una prestazione che si modella su quella del contratto d’opera professionale e alla quale il medico è tenuto, in virtù dell’esercizio della propria attività nell’ambito dell’ente ospedaliero. Ne consegue che, data l’assenza di un contratto formale, il paziente non può invero pretendere la prestazione sanitaria dal medico. Nondimeno, qualora il medico in qualche modo intervenga (ad es., in quanto al riguardo tenuto nei confronti dell’ente ospedaliero), l’esercizio della sua attività sanitaria (e quindi il rapporto paziente-medico) non può essere differente, nei contenuti, da quella che abbia come fonte un comune contratto tra paziente e medico (v. Cass., 22 gennaio 1999, n. 589).

Autore: Marcello Fontana - Ufficio Legislativo FNOMCeO

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